Rassegna trimestrale n. III-1 - Gennaio 2012
Introduzione al n. III-1
di Alessandro Natalini e Giulio Vesperini
Il nuovo numero della Rassegna dell’Osservatorio Air si apre con due contributi che analizzano lo Statuto delle imprese, una recente normativa che applica i principi sanciti a livello europeo dallo Small Business Act. Il primo, di Siriana Salvi si concentra su due misure volte a garantire un contenimento del fisiologico e, per ora, incontrollato aumento dei costi a carico dei destinatari della regolazione pubblica. Una prevede che le AIR sugli schemi di atti normativi del Governo diano conto degli oneri amministrativi introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. Una altra dispone che gli atti normativi e i provvedimenti amministrativi a carattere generale che regolano l’esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, l’accesso ai servizi pubblici o la concessione di benefici non possono introdurre nuovi oneri regolatori a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, con riferimento al medesimo arco temporale. In ambedue i casi il modo con cui sono state predisposte queste misure apre la strada ad una serie di problemi interpretativi e applicativi.
Il contributo di Paola Adami si sofferma invece sulla disposizione dello Statuto per le imprese che impone a Stato, regioni, enti locali e enti pubblici l’uso di alcuni strumenti di better regulation nell’adozione di proposte destinate ad avere effetti sulle imprese. In dettaglio, è previsto: l’obbligo di valutare l'impatto sulle imprese delle iniziative legislative e regolamentari, anche di natura fiscale; la necessità di produrre una relazione AIR che dia specificamente conto dell'impatto sulle piccole e medie imprese e degli oneri informativie dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese; il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta legislativa, regolamentare o amministrativa, anche di natura fiscale, destinata ad avere conseguenze sulle imprese; l’individuazione da parte delle regioni e degli enti locali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell’ufficio responsabile del coordinamento delle procedure di valutazione. Queste disposizioni non aggiungono molto alla disciplina già prevista per le amministrazioni statali, ma rappresentano una grossa novità per gli altri livelli di governo. Lo scarto maggiore si avverte sicuramente nei confronti degli enti locali in cui, come peraltro avviene anche in altri paesi, l’introduzione dell’air è stata sperimentata in pochissime realtà.
Federica Cacciatore mette in evidenza che un uso più spinto degli strumenti della better regulation si avverte anche a livello regionale. Infatti, nella seconda metà del 2011 tre regioni italiane hanno adottato leggi che disciplinano la semplificazione e la qualità della normazione. La Liguria e la Puglia prevedono il ricorso all’Air e alla Vir, mentre il Lazio si concentra sull’Air sulle piccole e medie imprese (Aiepi, “Analisi di impatto economico della regolamentazione in materia di micro, piccola e media impresa”), coerentemente con quanto previsto nello Statuto per le imprese. Si tratta quindi di iniziative che testimoniano una indubbia crescita di attenzione sul tema della smart regulation, probabilmente anche per effetto dell’impegno profuso dall’Unione Europea nell’intento di rilanciare la crescita economica. L’esperienza italiana insegna però che occorre misurare sul campo l’efficacia di questi interventi normativi.
L’articolo di Cinzia Belella analizza il documento “Draft OECD Recommendation on Regulatory Policy and Governance” che è stato sottoposto a consultazione nel corso del 2011. Si tratta dell’ultima versione delle raccomandazioni che questo organismo internazionale propone da ormai 15 anni. Il tentativo è quello di cogliere le mutazioni del contesto economico e istituzionale, ma soprattutto di trarre insegnamenti dalle numerose analisi sul campo realizzate dall’Oecd in molti paesi tra cui l’Italia. E’ significativo che tra le principali indicazioni ci sia quella di realizzare un efficace coordinamento tra i vari livelli di governo: si coglie sotto questo profilo una sintonia con la crescita di attenzione ai processi di regolazione delle autonomie territoriali che, come rilevato, si sta registrando in Italia. Rispetto all’ampio spettro di indicazioni contenute in questo documento, nell’articolo si è scelto di concentrare l’attenzione su quelle che più direttamente riguardano l’air e le autorità indipendenti.
La Rassegna prosegue poi con l’analisi di due nuovi regolamenti delle autorità indipendenti che interessano il modo di produrre regole. Carolina Raiola si concentra su quello adottato dalla Covip che si adegua, così come ha recentemente fatto la Banca d’Italia, a quanto previsto dalla legge sul risparmio. Questo regolamento disciplina le procedure per la consultazione degli atti a rilevanza esterna e i criteri di analisi di impatto a cui attenersi nella formulazione degli atti di regolazione. E’ da segnalare la particolare attenzione che è stata profusa in questo regolamento nel disciplinare le forme di partecipazione alla formazione degli atti normativi anche mediante l’uso della telematica. Tuttavia i termini minimi previsti per le consultazioni sono piuttosto ridotti e non si prevede espressamente che la COVIP valuti le osservazioni pervenute e dia conto ai partecipanti delle motivazioni alla base del loro accoglimento o rigetto in relazioni ad hoc.
Simona Morettini prende invece in esame il regolamento dell’ Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che ha ad oggetto le modalità di svolgimento delle consultazioni per l’adozione dei propri atti regolatori in linea con quanto disposto dal Codice dei Contratti Pubblici. In realtà, da tempo, l’AVCP svolge già consultazioni, ma queste sono riservate ad alcuni stakeholders selezionati in modo discrezionale. Dal 2009 si è fatto anche ricorso a forme aperte come il notice and comment. Il limite maggiore delle disposizioni di questo regolamento è che non è richiesto un apposito feedback né che, nel motivare l’atto di regolazione, l’Autorità è tenuta a considerare le eventuali osservazioni e proposte presentate nel corso della consultazione.
Andrea Flori analizza un caso di AIR realizzato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) relativa al procedimento in materia di qualità dei servizi elettrici che ha richiesto una procedura particolarmente articolata (sono stati predisposti cinque distinti documenti per la consultazione). Da questo esame emerge il contributo offerto dagli stakeholders: le loro osservazioni hanno determinato la riconsiderazione dell’opzione preferita e indotto l’integrazione da parte dell’Autorità dell’analisi di impatto per valutare nuove opzioni o per fornire nuovi chiarimenti sulle stime fornite o le scelte effettuate. In ultimo, Mariangela Benedetti illustra e commenta un articolo di Alberto Alemanno che si occupa delle connessioni tra l’AIR e il controllo ex post esercitato attraverso la judicial review. I punti di contatto tra questi due ambiti si hanno quando il documento AIR è direttamente impugnato di fronte al giudice per violazione di obblighi procedurali o quando è utilizzato dalle parti di una controversia per dimostrare la validità o la legittimità di un diverso atto finale. E’ rilevante sottolineare che, secondo Alemanno, il mancato rispetto delle indicazioni sull’AIR contenute nelle Linee Guida europee potrebbe configurare una ipotesi di cattiva amministrazione da sottoporre al controllo amministrativo dell’Ombudsman europeo. Inoltre, l’AIR può venire in rilievo sul piano giudiziale nella misura in cui da essa può desumersi la violazione dei principi di proporzionalità, sussidiarietà e attribuzione.