Rassegna trimestrale n. XI-3 - Luglio 2020
Introduzione al numero XI-3
di Federica Cacciatore e Nicoletta Rangone
In questo numero vengono affrontati argomenti di grande attualità, dalle recenti analisi di impatto realizzate nei mercati finanziari, alle esperienze di supervisione AIR a livello europeo, alle più recenti indicazioni per un AIR che sia anche cognitive-based. Il rilievo della valutazione ex post in una regione italiana è poi oggetto di un focus specifico, così come i requisiti per la qualità della regolazione ai tempi della pandemia, e le nuove linee guida statunitensi sulla valutazione della regolazione ambientale. Il numero si chiude on un commento ad un saggio dedicato al ruolo di operatori privati nella regolazione e nell’enforcement.
Nell’analizzare le analisi di impatto della regolazione pubblicate nell’ultimo anno circa da CONSOB e Banca d’Italia, Davide Zaottini ne mette in evidenza peculiarità e limiti. Si tratta di aspetti in ampia misura connessi. Da un lato infatti il ruolo centrale svolto dalle istituzioni europee nella regolazione bancaria e finanziaria limita significativamente gli spazi di scelta di legislatori e regolatori nazionali in termini di opzioni di intervento. Cosicché le autorità nazionali finiscono per incidere prevalentemente sull’implementazione di scelte adottate ad un diverso livello, tanto che ci si potrebbe aspettare da loro uno sforzo maggiore in termini di valutazione successiva, più che di AIR. Dall’altro, tuttavia, questo spiega solo in parte la redazione di AIR prive di analisi quantitative, in ampia misura limitate alla descrizione di procedure di consultazione, spesso di difficile lettura e talvolta “nascoste” all’interno di documenti particolarmente lunghi e complessi.
In tema di strumenti per la regolazione europea, Paola Coletti analizza i principali contenuti del report sul 2019 del Regulatory Scrutiny Board (RSB) della Commissione europea, l’organismo di oversight istituito nel 2015 che ha il mandato di mandato di accertare se le analisi di impatto prodotte e le procedure relative al fitness check e alcune delle principali valutazioni retrospettive di singole politiche siano state realizzate assicurando la qualità dei processi e un effettivo miglioramento delle regole stesse. Il primo dato a emergere con evidenza è la sproporzione fra l’esame delle analisi di impatto (soltanto una nel 2019, a fronte delle 76 dell’anno precedente) e le verifiche ex post, che includono anche i fitness check. Delle 17 valutazioni della Commissione, circa la metà (otto) hanno ricevuto un parere negativo da parte del RSB. Tuttavia, poiché non è previsto l’obbligo per la Commissione di emendare le valutazioni giudicate negativamente, il che per l’autrice costituisce un limite al funzionamento del meccanismo di watchdog, soltanto tre proposte sono state oggetto di nuova valutazione, sulla base delle osservazioni del RSB. Da segnalare anche il nuovo ruolo di advisory del Board, che si presta a consultazioni e momenti di dialogo con i funzionari della Commissione, oltre a quello di outreach, sia a livello interno che interistituzionale ed esterno, nel tentativo di far conoscere a un pubblico più vasto il proprio operato, anche al fine di confrontarsi in maniera più sistematica con i portatori di interesse.
Il contributo di Eleonora Cavalieri si concentra sulla versione finale, recentemente pubblicata dall’OCSE, dei Best Practice Principles for Regulatory Policy, dedicati al Regulatory Impact Assessment. Come sottolinea l’autrice, la versione definitiva dei principi per la realizzazione di AIR di qualità, differisce da quella sottoposta a consultazione nel 2019 per un’attenzione molto più spiccata verso le scienze comportamentali ed economiche nella ricerca di strategie di governance più adatte. Secondo le indicazioni contenute nel report, le scienze comportamentali (alle quali l’OCSE guarda con crescente attenzione dal 2014) dovrebbero essere applicate al processo di AIR in maniera più sistematica, al fine di guidare il processo induttivo con il quale si deve cercare di capire come il contesto e i biases influenzino le decisioni dei singoli. Tale approccio dovrebbe costituire un’alternativa a quello tradizionale basato sul command and control. Cavalieri rileva un secondo elemento di novità nell’attenzione alle strategie di governance dei dati che saranno utili alla costruzione dell’AIR e delle successive valutazioni, soprattutto alla luce dell’accresciuta capacità di raccolta e condivisione, anche grazie alle nuove tecnologie.
La pandemia da Covid-19 che ha afflitto tutto il mondo nel 2020 ha avuto e continuerà ad avere impatti dirompenti su molti aspetti della nostra esistenza. Ma quali sono gli effetti sulle risposte regolatorie dei governi? Giulia Dimitrio, nel suo contributo, illustra come le istituzioni mondiali si stiano interrogando sul futuro della regolazione e delle attività amministrative, e sul ruolo dell’OCSE nella gestione di questa fase delicata. In particolare, in una recente nota del comitato per la politica di regolamentazione, l’OCSE individua i principali fattori di criticità nelle attività di regolazione e propone una serie di strumenti di necessaria applicazione per superare l’attuale crisi e affrontare altre eventuali future emergenze. Tra i maggiori nemici di una «good regulation» in tempi di crisi, la nota focalizza l’obiettivo sui tempi troppo lunghi per l’emanazione delle norme e sulla difficoltà di avviare consultazioni con tutte le parti potenzialmente interessate alle misure urgenti da adottare. A quest’ultima, secondo l’OCSE, si abbinerebbe anche la difficoltà di far comprendere ai cittadini le ragioni della limitazione o del congelamento temporaneo di alcuni dei loro diritti fondamentali, come è avvenuto, per esempio, con l’introduzione di misure di confinamento della popolazione o l’attivazione di app di localizzazione per il monitoraggio degli spostamenti dei pazienti Covid-positivi. Per garantire una regolamentazione efficace e coerente anche in tempo di crisi, vengono pertanto enucleati alcuni fattori da considerare in fase di regolazione: a) la garanzia della conformità dell’azione regolatoria; b) la riduzione della burocrazia connessa alla regolazione delle attività amministrative; c) l’utilizzo di nuove tecnologie per una regolamentazione migliore e più rapida; d) il «mantenimento del motore economico».
La valutazione delle leggi regionali è al centro del contributo di Simone Annaratone, che analizza i contenuti della relazione annuale sul 2019 del Comitato paritetico di controllo e valutazione della Regione Lombardia, relativa al controllo sull'attuazione e valutazione ex post delle leggi e delle politiche regionali. Il Comitato è previsto da una norma dello Statuto regionale ed è un organismo politico di otto consiglieri, rappresentanti in egual misura la maggioranza e l’opposizione, che persegue la funzione principale di verificare l’attuazione e l’implementazione delle leggi regionali, nonché di procedere alla valutazione dell’impatto delle politiche regionali. I tre criteri ai quali si informa per realizzare le attività di valutazione sono: l’attendibilità; la l’imparzialità; l’utilità. Il primo richiama la necessità di produrre evidenza empirica e di osservare rigore metodologico; il secondo postula l’assenza di interferenze con le dinamiche politiche; il terzo, infine, richiama la necessità che i risultati siano adatti a comprendere se gli interventi attuati rispecchiano gli obiettivi iniziali oppure se sia necessario ricorrere a correttivi. La relazione evidenzia rilevanti analogie con l’attività svolta nell’anno precedente, consacrando il 2019 contemporaneamente come un anno di consolidamento e di sviluppo per il Comitato paritetico del Consiglio regionale della Lombardia. Il bilancio complessivo delle performance nei singoli settori di attività si allinea con i risultati del 2018, creando un trend positivo che concretizza gran parte degli obiettivi programmatici fissati all'avvio della XI legislatura. I progressi più evidenti comprendono l'incremento delle relazioni esaminate e delle proposte inviate a Commissioni e Assessori, l'avvio di specifiche missioni valutative e l'ampliamento delle aree di policy trattate.
L’Environmental Protection Agency statunitense ha pubblicato una versione aggiornata delle Linee guida sulla valutazione dell’impatto economico delle proprie decisioni di regolazione e di policy. Carla Scaglioni delinea un’interessante analisi del documento, da cui emergono alcuni limiti formali e sostanziali. Da un lato, le linee guida sono di difficile lettura (non fosse altro che per le 343 pagine di cui constano), caratterizzate da un linguaggio talvolta accessibile ai soli addetti ai lavori, in alcune parti troppo approfondite, risultando poi eccessivamente generiche su altri (come ad esempio nel trattare le situazioni o le imprese che in virtù di una normativa preesistente sono esentate da nuove normative). Dall’altro, tra i limiti sostanziali possono essere menzionati la mancanza di indicazioni per una trasparenza sostanziale delle analisi (vale a dire estesa a tutte le informazioni e i dati utili alla loro replicabilità), la pretesa i valutare l’impatto avendo riferimento al solo contesto nazionale dei cambiamenti climatici, la limitazione dell’analisi dei benefici a quelli sociali derivanti dai cambiamenti ambientali, la limitata considerazione di alcuni aspetti essenziali dell’approccio comportamentale alla regolazione.
Un recente saggio su The New Gatekeepers: Private Firms as Public Enforcers è infine recensito da Cecilia Solato. Al centro dell’analisi sono le imprese-enforcer, al contempo oggetto di regolazione e attori di una vigilanza sul rispetto delle regole he loro stesse impongono a soggetti terzi nell’ambito di una nuova forma di mandated enforcement. Tra i più rilevanti esempi di gatekeepers, vengono menzionati big tech, grandi istituti bancari, colossi petroliferi mondiali e multinazionali farmaceutiche. Ciò che caratterizza questo conscripted enforcement è che l’impresa-enforcer, grazie al suo potere economico, “domina” le imprese terze. Le imprese-enforcer impongono poi solitamente regole attraverso contratti stilati nel rispetto di linee-guida delineate dai regolatori nell’interesse dei consumatori o dell’ambiente. In tale contesto l’impresa-enforcer deve anche verificare l’effettiva applicazione delle regole e sanzionare in caso di inosservanza. Il conscripted enforcement incide quindi considerevolmente sulla libertà contrattuale dell’impresa, sulle attività dei suoi amministratori, sul regime della responsabilità. L’Autore evidenzia vantaggi e svantaggi di questo modello regolatorio, che determina un’espansione del ruolo pubblico delle imprese, tra cui il problema dell’accountability dell’impresa-enforcer.