Rassegna trimestrale n. X-4 - Ottobre 2019
Introduzione al numero n. X-4
di Federica Cacciatore e Nicoletta Rangone
I contenuti del numero di ottobre della Rassegna spaziano dalle recenti iniziative di policy, nazionali ed europee, di rilievo per alcune delle autorità indipendenti nazionali, a due contributi chiave dell’OCSE, a livello internazionale, passando per un approfondimento su cosa avviene oltremanica in tema di reti dei regolatori. La sezione dedicata all’approfondimento della letteratura sulla regolazione ospita una recensione su un recente scritto di Daniel A. Farber sulle sorti dell’analisi della regolazione nell’America di Trump, fortemente improntata alla deregulation.
Il numero si apre con un’analisi di Matteo Falcone sulla recente iniziativa congiunta di AGCOM, AGCM e Garante per la protezione dei dati personali in tema di big data. Le tre autorità, infatti, lo scorso luglio hanno pubblicato un documento contenente le Linee guida e raccomandazioni di policy, adottate a seguito di una corposa indagine conoscitiva sulle implicazioni dell’uso dei big data su privacy, regolazione, tutela del consumatore e disciplina antitrust. L’indagine è stata avviata nel maggio 2017 e ha visto le tre autorità impegnate in quaranta audizioni con i principali operatori delle telecomunicazioni, dei settori finanziari, dell’editoria, dell’economia dei dati e con gli esperti e studiosi della materia. Essa si è poi arricchita anche dei contributi informativi ottenuti direttamente dai grandi operatori digitali e dalle informazioni acquisite dalle tre autorità nel corso dei propri procedimenti di vigilanza collegati allo sfruttamento economico dei dati. Nell’attesa che sia pubblicato il più corposo documento integrale relativo ai risultati dell’indagine conoscitiva, il contributo analizza le Linee guida che ne sono derivate, che hanno come principale obiettivo quello di arginare la concentrazione di potere attraverso i big data, principalmente attraverso una responsabilizzazione dei titolari del loro trattamento e un rafforzamento della capacità d’indagine delle autorità stesse. Ma raccomandazioni specifiche di policy sono rivolte anche al legislatore, nazionale ed europeo, affinché siano riviste le normative in materia di circolazione e utilizzo dei dati, adattandole alle sfide che il progresso tecnologico pone in questi contesti.
Interventi intersettoriali di regolatori sono al centro anche del secondo contributo, in cui Antonio Manganelli analizza un recente documento pubblicato da UK Regulators Network. L’autore sottolinea che la costituzione di questa rete nel 2014, che riunisce tutti gli undici regolatori di settore operanti nel Regno Unito, è stata favorita dalla digitalizzazione dell’economia e dalle conseguenti trasformazioni dei mercati e dei modelli di business. La rete ha già svolto un’importante attività di supporto all’azione dei regolatori per incrementare l’engagement dei consumatori nei diversi mercati (attraverso il monitoraggio e la pubblicazione delle offerte di settore, o l’attività di piattaforme esterne di comparazione delle offerte). La rete ha poi iniziato a sviluppare indicatori trans-settoriali, al fine di consentire una valutazione ed un confronto della costumer experience con riferimento ad imprese appartenenti a mercati diversi. In particolare, tre delle autorità operanti nella rete (la Financial Conduct Authority, l’Office of Communication e l’Office of Gas and Electricity Markets) hanno costruito delle Performance Scorecard. Tra gli indicatori presi in considerazione a questo fine vi è la loyalty penality (calcolata sulla base della differenza di prezzo pagato dai clienti inerti di lungo corso rispetto ai consumatori engaged), il consumer engagement (costruito attraverso una misurazione e valutazione delle interazioni fra cliente e fornitore), la qualità del servizio (che compara la percentuale di reclami, la percentuale relativa di “detrattori” e “supporter” della singola impresa). Le fasi successive prevedono la consultazione dei stakeholders e la verifica dell’impatto delle scorecard in termini di influenza effettiva sulla consumer experience e l’outcome regolatorio.
Il ruolo rilevante svolto dalle reti di regolatori (in questo caso settoriali) emerge anche dal terzo contributo. Questo così come le numerose altre novità introdotte dalla direttiva europea n. 1/2019 sono analizzate da Livia Lorenzoni. Si tratta di una direttiva volta a superare le difficoltà dell’antitrust enforcement connesse alla disomogeneità delle legislazioni nazionali in ordine all’indipendenza, alle risorse (umane e finanziarie), ai poteri di indagine e sanzionatori delle autorità nazionali della concorrenza. Centrale risulta l’esigenza di garantire l’indipendenza delle autorità nazionali da ingerenze politiche e poteri di mercato, nella cui direzione vengono date indicazioni specifiche (come l’esigenza a selezionare i componenti in base a procedure chiare, trasparenti e predeterminate e i limiti alla rimozione di dipendenti). Tale indipendenza deve poi essere supportata da adeguate risorse e poteri di indagine, nonché dalla possibilità di irrogare sanzioni (ad imprese o associazioni di imprese) efficaci, proporzionate e dissuasive. Tra questi vale menzionare il potere di imporre rimedi di tipo strutturale volti alla cessazione dell’infrazione, che vengono così posti sullo stesso piano di quelli comportamentali, con l’unico criterio del rispetto del principio di proporzionalità. Al fine di rendere coerente e maggiormente effettivo l’enforcement, la direttiva prevede poi l’armonizzazione dei programmi di leniency,cui possono accedere le imprese che rivelano la loro partecipazione a un cartello segreto e forniscono elementi probatori rilevanti. Oltre all’importante rafforzamento dei poteri di indagine, ispettivi e di accesso alle informazioni ed ai documenti detenuti dalle imprese, la direttiva offre agli Stati la possibilità di riconoscere poteri supplementari alle autorità, dallo svolgimento di accertamenti ispettivi all’irrogazione di ammende a persone fisiche. Come già evidenziato, un ulteriore obiettivo perseguito dalla direttiva è quello di migliorare il funzionamento dell'European competition network, definendo modalità per la prestazione dell'assistenza reciproca in sede di accertamenti ispettivi e audizioni, notifiche degli addebiti, esecuzione delle decisioni.
L’indipendenza dei regolatori è al centro anche del primo dei due contributi dedicati alle novità dell’OCSE: una guida pratica per la protezione da influenze indebite, frutto del lavoro congiunto tra il Network of Economic Regulators e la Regulatory Policy Committee. Al riguardo, Maria Bianca Armiento evidenzia come da questa emerge che l’indipendenza normativamente prevista non vada di pari passo con quella “reale”. Al contempo i regolatori dovrebbero non solo essere indipendenti, ma anche “essere percepiti” come tali, anche al fine di ricostruire la fiducia di cittadini e imprese nei pubblici poteri. In quest’ottica, il documento elenca e offre indicazioni in ordine a cinque aspetti cruciali. In primo luogo, la normativa dovrebbe indicare con chiarezza competenze e funzioni dei regolatori; in secondo luogo, i regolatori dovrebbero agire e decidere in modo trasparente (e a questo riguardo cruciale è il ruolo della motivazione delle decisioni);in terzo luogo, i regolatori dovrebbero poter contare su adeguate e predeterminate risorse finanziarie (indipendenza finanziaria). In quarto luogo, centrale è l’indipendenza dei componenti del vertice dei regolatori. A questo riguardo le indicazioni vanno verso la trasparenza delle caratteristiche richieste ai candidati e delle procedure di selezione e di revoca, la durata dell’incarico (che dovrebbe superare quella di una legislatura e non essere comunque inferiore a cinque anni), la trasparenza dei conflitti di interesse e la prevenzione degli stessi soprattutto nella fase di avvicinamento e successiva alla conclusione del mandato. L’ultimo punto attiene alla centralità del ruolo dei dipendenti dei regolatori per l’affermarsi di una cultura dell’indipendenza.
Nel secondo contributo dedicato all’OCSE, Siriana Salvi si occupa della consultazione, lanciata lo scorso 12 giugno, sulla nuova versione dei suoi “best practice principles” sull’analisi di impatto della regolazione (regulatory impact analysis, RIA). Il documento fa parte di una serie di paper con cui l’OCSE intende sviluppare e mettere in pratica i principi espressi nella Recommendation of the Council on Regulatory Policy and Governance del 2012, offrendo indicazioni per le politiche e la governance per l’utilizzo della RIA. Le indicazioni contenute nel paper e poste a consultazione riguardano gli elementi essenziali del processo di RIA e i principi da seguire nella sua concreta attuazione. Esse sono state elaborate alla luce delle sfide emerse dall’analisi dell’implementazione dei processi di RIA che l’OCSE realizza mediante le country reviews. In una seconda fase, il paper sarà ulteriormente integrato da allegati dedicati ad aspetti specifici del RIA, dimostratisi particolarmente critici in fase di applicazione concreta (quali la definizione di soglie e proporzionalità dell’analisi; il controllo della qualità del RIA; la quantificazione dei benefici; l’introduzione di innovation tests).
La Rassegna si chiude con una recensione, a cura di Giorgio Mocavini, di un articolo di Daniel A. Farber, pubblicato nel 2019 nella Chicago-Kent Law Review, che raccoglie le relazioni a un convegno tenutosi l’anno prima al Chicago-Kent College of Law e dedicato all’analisi dell’impatto della presidenza Trump sul diritto amministrativo statunitense. Nel suo articolo, Farber concentra la sua attenzione su quattro aree di indagine: gli elementi di forza e di debolezza della cost-benefit analysis, il ricorso alla regulatory review da parte del Congresso fino al 2017; il nuovo ruolo dell’OIRA alla luce delle trasformazioni del sistema regolatorio negli USA; infine, si concentra sulle conseguenze del nuovo approccio anti-regolatorio sul funzionamento di una specifica agenzia di regolazione, la Environmental Protection Agency (EPA). Grazie anche al ricorso a evidenze empiriche, ne risulta un quadro stimolante, tendenzialmente scevro da quei pregiudizi ideologici che in altri contesti hanno improntato le analisi dedicate alle politiche regolatorie dell’era Trump; emerge, così, che la più volte proclamata deregulation, dal presidente come un principio fondante della sua azione e dai suoi detrattori come una “sciagura” istituzionale, ha avuto un impatto molto più modesto del previsto sullo stock della regolazione.