Rassegna trimestrale n. VIII-3 - Luglio 2017
Introduzione al n. VIII-3
di Alessandro Natalini e Giulio Vesperini
Questo nuovo numero della Rassegna si apre con il commento di Silvia Simone sul recente documento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) riguardante i modelli di analisi di impatto della regolamentazione in applicazione delle prescrizioni della legge n. 229/2003. Si è scelto di utilizzare un approccio di tipo sperimentale e di puntare, almeno in una prima fase, su uno strumento di soft law. L’introduzione dell’AIR nei processi decisionali dell’ART è, quindi, graduale, prevedendo un percorso di verifica progressiva che consente di modellare nel tempo, sulla base delle concrete esperienze via via realizzate, le metodologie della valutazione e della consultazione alle specificità del settore dei trasporti. Il documento individua in particolare i “contenuti minimi” che ciascuna analisi di impatto deve avere, in riferimento a ciascuna delle fasi in cui si articola la metodologia di valutazione di impatto. Si prevede inoltre, di essere fortemente selettivi, concentrando gli sforzi sui provvedimenti regolatori che esplicano effetti rilevanti sul mercato.
Il successivo contributo di Eleonora Morfuni prende in esame la Relazione sullo stato di attuazione dell’Analisi di Impatto della Regolamentazione per il 2016 che annualmente il Governo trasmette al Parlamento. La Relazione, redatta dal Dipartimento affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fornisce un quadro sintetico delle esperienze realizzate nel corso dell’anno in tema di better regulation dai ministeri, dalle autorità indipendenti e dalle regioni. Inoltre, la Relazione fornisce dati sull’attività di verifica svolta dal DAGL sulle relazioni AIR che accompagnano gli atti normativi del governo. Sotto questo profilo, si evidenzia che il numero degli schemi di atti normativi corredati da AIR (101) rimane sempre molto elevato anche se in leggera flessione rispetto al 2015 (140), a conferma di un’applicazione non sufficientemente selettiva di questo strumento. La Relazione evidenzia, inoltre, un miglioramento della qualità delle AIR prodotte. Questo dipende dalla maggiore attenzione delle amministrazioni agli aspetti quantitativi, da un maggiore ricorso alla valutazione delle opzioni alternative e degli effetti prodotti, da una espansione della stima dei costi amministrativi per oneri informativi introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. Anche la fase delle consultazioni, indipendentemente dalle modalità adottate, è meglio sviluppata. L’applicazione della VIR, invece, resta meramente episodica.
La rassegna prosegue con l’analisi del Rapporto sull’attività di controllo parlamentare per l’anno 2016 curato dagli uffici della Camera e, in particolare, dal Servizio per il controllo parlamentare in collaborazione con il Servizio assemblea. Questa maggiore enfasi delle assemblee sul controllo degli esecutivi che si osserva in Italia, trova riscontro anche nel Parlamento europeo e nei Parlamenti di altri paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito). Il Rapporto si concentra sulla verifica dell’attuazione delle leggi, sul monitoraggio delle relazioni al Parlamento, sugli atti di indirizzo, sul controllo sulle nomine governative negli enti pubblici e nelle società partecipate, nonché sugli atti di sindacato ispettivo. Federica Cacciatore nel suo commento illustra i motivi di complessità dell’attività di controllo del Parlamento connessi alla attribuzione di questo compito tra le Commissioni parlamentari, al rapporto maggioranza-opposizione e al rapporto con i cittadini, a proposito del quale il Rapporto rappresenta la necessità di individuare nuove forme di consultazione.
Gianluca Sgueo esamina il Rapporto annuale del Regulatory Scrutiny Board (RSB) che nel 2015 ha sostituito l’Impact Assessment Board. A questo nuovo organismo la Commissione europea ha riconosciuto maggiori competenze e maggiore indipendenza nell’esercizio delle funzioni rispetto a quanto ne avesse l’organismo precedente. Il rapporto descrive le novità organizzative che riguardano il Board, le attività dell’anno trascorso e riflette sulle sfide poste dal nuovo anno. Di particolare rilievo è che nel corso del 2016 la Commissione ha sensibilmente ridotto la quantificazione di costi e benefici in sede di adozione dei propri atti di regolazione: rispetto all’anno precedente le quantificazioni passano dall’80% al 40% per il calcolo dei costi, e dal 70% al 45% per quello dei benefici.
Il Rapporto annuale della Regulatory Policy Committee (RPC) sulla qualità delle analisi di impatto della regolamentazione prodotte dal Governo britannico esamina le AIR presentate nel corso del 2016 offrendo una comparazione sulla qualità delle analisi redatte da ciascun dipartimento governativo. Nel complesso la RPC ne ha considerate soddisfacenti il 72%, mentre nel periodo 2012-2015 si era giunti all’80%. Il Rapporto evidenzia inoltre, una profonda differenza della qualità delle Air presentate dai diversi dipartimenti. Nel suo commento Giovanna Perniciaro evidenzia le differenze tra questo Rapporto e quello analogo prodotto per l’Italia dal Dipartimento affari giuridici e legislativi: il primo è più uno strumento per addetti ai lavori che fa circolare informazioni e dati su come si fanno le AIR creando anche una sorta di competizione tra i dipartimenti; il secondo è un’occasione per fare un punto complessivo sulla politica della better regulation con una ridotta attenzione alla qualità delle singole AIR e alla performance di ciascun ministero.
L’indipendenza delle autorità di regolazione dipende anche dal loro sistema di finanziamento che può essere a carico dello Stato o dei soggetti regolati. In quanto le autorità devono essere indipendenti sia dal governo sia dai soggetti regolati è bene che il loro sostentamento, come argomentato da Gabriele Mazzantini nel suo commento, sia assicurato da una mescolanza delle due soluzioni. Però i tagli di spesa adottati dai governi italiani negli anni recenti per rispondere alla crisi finanziaria hanno inciso fortemente sui contributi provenienti dalla fonte statale. Su questo tema è recentemente intervenuta la Corte Costituzionale su istanza di un TAR, adito, a sua volta, da alcune società di trasporto in merito alla costituzionalità del contributo richiesto loro dall’ART sulla base del decreto legge n. 201/2011. L’incostituzionalità secondo i ricorrenti deriverebbe dalla indeterminatezza della legge che lascerebbe alla stessa ART la possibilità di circoscrivere il novero dei soggetti obbligati, dalla mancata previsione di forme di partecipazione procedimentale alla decisione dell’Autorità, dalla limitazione imposta alla iniziativa economica e dal rischio di cattura del regolatore da parte del regolato. La Corte ha ritenuto non fondato il ricorso, ma il prossimo 7 novembre 2017 dovrà tornare sul tema in quanto dovrà pronunciarsi su altri due ricorsi incidentali avverso il sistema di finanziamento dell’Antitrust.
Questo numero della Rassegna si chiude con il commento di Simona Morettini ad un recente articolo di Reeve Bull e Jerry Ellig sulla judicial review dell’AIR nell’esperienza statunitense. Con riguardo al rapporto tra corti di giustizia e regolatori gli Autori ritengono opportuno che la legge stessa specifichi meglio i contenuti dell’AIR per evitare che il sindacato delle corti sconfini nel merito. Sul ruolo giocato dai giudici nel promuovere la better regulation attraverso il proprio sindacato giurisdizionale sono state poste tre obiezioni: essi non dispongono della necessaria competenza tecnica settoriale propria delle autorità di regolazione; un intervento esteso del giudice accrescerebbe la “ossificazione” del processo di adozione delle regole; le autorità di regolazione potrebbero essere indotte ad adottare forme di regolazione informali per eludere il controllo delle corti. Malgrado questi rischi, gli Autori ritengono che i benefici apportati dal sindacato dei giudici alla qualità della regolazione sono comunque prevalenti.